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Giu 01

Il Primo Viaggio in Thailandia con Lanna!

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Raggiungere Alee, mio marito, in Thailandia è stato più facile di quanto pensassi: mia figlia di otto mesi ha affrontato il viaggio con curiosità e dormendo la maggior parte del tempo. A sentire tutti non ce l’avremmo mai fatta ad affrontare“da sole” un viaggio di 14 ore dall’altra parte del mondo: la bimba riuscirà a prendere sonno? Che cosa fai se piange? E SE NON CI VUOLE STARE IN AEREO PER 12 ORE? In effetti, ero molto angosciata, poi però affrontando la cosa…

Le mamme che viaggiano con un bebé hanno diritto alla prima fila e le hostess hanno persino bloccato un posto a sedere di fianco al mio così che potessi muovermi in libertà. Oltre a uno zaino pieno di pannolini, tutine e body per il cambio, vasetti con la pappa e il mio computer, potevo contare sulla fascia e sul cuscino per allattare. Fascia e cuscino si sono rivelati fondamentali poiché hanno permesso a me e alla bambina di muoverci e di mantenere alcune abitudini. Grazie al cuscino ho allattato comodamente, mentre la fascia mi consentiva di cambiare posizione – stiracchiarmi, allungare le gambe –e di spostarmi con Lanna vicino, ad esempio quando andavo al bagno! Quelle preoccupazioni che non mi hanno fatto dormire per notti intere – 12 ore di volo, il buio pesto in aereo, la confusione in aeroporto di una città quale Bangkok, il cambio per Phuket – si sono rivelate per la mia bimba esperienze nuove da osservare tra un pisolino e l’altro. Credo che la paura di affrontare il viaggio in realtà nascondesse qualcosa d’altro…

Prima di partire mi sono trovata faccia a faccia con quel sentimento di solitudine che spesso vive una mamma in presenza del proprio bambino. Se da un lato tale sentimento è umano, allo stesso tempo credo sia carico di pregiudizi, ovvero giudizi, considerazioni, pensieri che provengono dall’ambiente sociale in cui vivo. Se analizzo la situazione capisco che la paura di affrontare questo lungo viaggio fosse legata a una decisione che usciva dal buon senso comune. In altre parole, stavo per fare una cosa che non avevo mai sentito fare a nessun’altra mamma. Mentre preparavo le valige per la Thailandia, avevo in testa un immaginario gruppo di mamme che diceva: i bambini devono avere delle routine, dormire nel loro lettino, rispettare gli orari e andare a letto quando è ora… potrei continuare a lungo!!! I discorsi di queste signore mi stavano paralizzando, poiché, non lo nego, lo status di mamma può spalancare un portone enorme su paure, insicurezze e senso di inadeguatezza nei confronti di tutto ciò che riguarda la maternità e le scelte di una mamma. Avevo deciso di partire, davanti a me si stava aprendo una strada che non sapevo dove ci avrebbe portato o forse lo sapevo benissimo, ma il punto è un altro! Io non credevo di essere in grado di affrontare con mia figlia un viaggio che avevo già fatto molte volte da sola. Paure e insicurezze alla fine non mi hanno prosciugata ma sono partite con me, soltanto in questo modo sono riuscita a ridimensionarle e a smentirmi. Mi sentivo diversa e spregiudicata rispetto a un “classico” modo di essere mamma, sebbene “la classica mamma” fosse solo un pensiero contaminato nella mia testa.

Sono convinta quando dico che il compito più difficile per una mamma sia quello di riorganizzare i pensieri per stabilire, in merito a qualsiasi decisione presa (sia essa legata all’alimentazione del proprio figlio o al trasferimento in un altro continente!) quali le appartengono e quali no, quali sono i suoi propri giudizi e pensieri profondi e quali invece sono contaminazioni che provengono dagli altri. Chiarito questo “le distanze si accorciano” e quel sentimento di solitudine che si avverte diventa sostenibile. Ho capito che stavo vivendo paure trasmesse dal buon senso comune e le trasferivo sulla bambina. Tale consapevolezza mi ha permesso di partire per il mio viaggio avendo più fiducia nelle capacità di adattamento della mia bambina e, spero, nel mio modo di essere la mamma.

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